doménica
[ IG ] giochi
parlato spontaneo
doménica a.
sintagma nominale
a. il gioco della domenica, b. fare domenica
a. gioco di strada che corrisponde al gioco della campana; b. giocare al gioco della domenica e anche vincere a tale gioco
Presempio, la domenica. C’è i’ gioco della domenica? Er’un gioco di noi. Colla murièlla. I’ gioco si fa… È un gioco, fa’ conto, si fa… un coso lungo su i’ marciapiede. Fa’ conto a marciapiede. Ogni quindici centimetri… Anche venti. Venti centimetri, si fa una riga, sicché viene due righe per così, e le righe per così. E ogni riga, ogni pezzettino di venti centimetri c’è scritto: dieci, venti, trenta, quaranta e cinquanta. Noi, colla muriella si fa a zoppino. Si chiama i’ famoso zoppino, e si spinge la muriella… (R.: che cos’è la muriella?) La muriella l’è un gioco… Di solito, meglio di tutti l’er’un pezzetto di marmo. Una pietra l’è la muriella. Si chiama muriella. Possan èsse un sasso, possa è… Noi s’aveva tutti… Quasi tutti tenevano le murielline di marmo. Un pezzetto di marmo scortecciato. Non quadrato, bellino. Propi’un ciottolo. Un sasso. E tu lo buttavi su questo… Fa conto, questo l’è i’ marciapiede, noi si faceva due righe per così, e ogni dieci centimetri per così. Anche venti, dieci sono pochini. Un pezzetto così, da entrare una bambina collo zoppino. Anche trenta. E si faceva: dieci, venti, trenta, quaranta e cinquanta. In fondo, invece di èsse finita quadrata, si faceva… c’er’un tondo così e ci si scriveva: riposo. Lì tu ti potevi riposare, e tornare indietro. (R.: con cosa si scriveva?) Si scriveva subito co i’ gesso. Noi tutto co i’ gesso si faceva, tanto la scrittura ’n terra su i’ marciapiedi – gesso bianco – quanto “riposo” ’n cima. Dieci, venti, trenta, quaranta, cinquanta, riposo. Tu prendevi la muriella, prima a i’ dieci e tornavi indietro, la ributtavi fòri dalla riga, poi tu andav’a venti, tu dovevi scavalcare la riga senza montarci sopra, da i’ venti la buttav’a i’ dieci e da i’ dieci fòri. Poi tu andav’a i’ trenta, sempre senza dover battere in queste righe fatte co i’ gesso. Quando tu andav’a i’ cinquanta, tu tornavi ’ndietro e – ora un mi ricordo, questo nene (= glielo) domanderò domenica alla mi’ sorella, se a i’ cinquanta tu facevi già la prima vittoria, e si faceva casa, allora lì tu ti potevi riposare, non più stare a zoppino, ma tu potevi metter i piedi perché l’è casa tua. Allora, tu tornavi ’ndietro, cinquanta, quaranta, trenta, venti, die… e diventava la domenica. Diventava la vincita, s’è fatto domenica. Era questa vincita. Allora, si vinceva casa in un quadrato. Te tu lo potevi scegliere, io lo sceglievo sempre a trenta. Tu lo potevi scegliere a dieci, a venti, trenta, quaranta e cinquanta. La mi’ sorella, presempio, sceglieva sempr’i’ quaranta. Io i’ trenta, perché lo vedevo centrale, e mi riposavo a metà strada. Allora, collo zoppino, colla muriella sotto ’ piedi, tu spingevi così, ora io un so più , pu!, e gni dav’i’ colpo, capito? I’ colp’alla muriella. Un ragazzo ce l’ha questa… E lo buttavi ’n quello dopo, poi in quello dopo e ’n quello dopo. Se tu andavi sulla riga, via, t’avevi pèrzo, tu rifacevi dopo. Se ’nvece t’avevi vinto tu facevi casa. Questa casa, oltre a star a zoppino, tu potevi bloccarti così. Uno due, spingendo. Poi a trenta l’era casa tua, allora tu ti buttavi giù co’ piedi, ti riposavi, poi tu proseguivi fino a cinquanta e poi riposo. A riposo ti potevi riposare e tornare ’ndietro. Era un gioco che tutti lo facevano a Firenze. È stato propi’un gioco fiorentino, pènzo io, perché un l’ho ma’ sentito rammentare. L’era… La domenica, si chiamava noi: Si fa domenica? Poi, che voleva dì domenica, un te lo so dire. Ma gnene domand’alla mi’ sorella. E come vincite si faceva la casa. La casa ’n cui si poteva buttà giù tutt’e due ’ piedi. Si poteva buttà giù tutt’e due ’ piedi, nella casa. C’era solo questo coso, poi un c’era né premi né nulla, eh! Poi uno diventava, c’aveva casa dappertutto, allora spingeva e si riposava, spingeva e si riposava…