spurgare, spurgarsi
[ MB ] procedimenti gastronomici
GB 'sceverare, togliere il cattivo dal buono'
spurgare, spurgarsi
verbo trans. e intrans.
perdere una caratteristica negativa, di alimenti o di animali usati per alimento, usato anche assolutamente o come intransitivo pronominale
SC
SF
stare / mettere in purgo
In purgo ci sta l’olive. Poi un so cos’altro. Quelli che devono spurgare l’amaro. Che può essere... ora un mi viene in mente altro. Che ’ c’è? ’Nsomma, per dire, anche le melanzane. Io un le fo mai, perché le colgo e le cucino, ma quando tu l’affetti e tu ci metti i’ sale grosso? Le sono in purgo, perché vada via l’amaro. Ma è sempre la stessa cosa, se ci pensi. Perché uno che viene tolto da un lavoro e accantonato perché ha fatto qualcosa che non andava fatto, si sta spurgando della cattiva cosa, e poi ritorna pulito. Anche ’ cetrioli. Anch’io, ho detto, io un li metto mai, però... // È come se alle lumache. Le lumache perché buttino via... lo spurgano, mettano nella cosa di legno...
No, spurgare noi s’addopra pe un’antra cosa. Noi spurgare si dice cando (= quando)… rifare… pe modo di dire: si prende un pesce d’Arno, si vò mangiare, ti faccio un esempio, eh. E’ si mette nell’acqua bona e si tiene lì a spurgare. Come le lumache. / Le lumache, colla segatura. / A buttà fòri tutta la robaccia che c’hann’addosso, apito.
Gradit gastr. preparare per la cottura determinati alimenti privandoli delle parti non commestibili'; anche v.intr.'far s. le lumache'