néccio
[ MB ] preparazioni gastronomiche
GB 'pattoncina di farina dolce, cibo da montanini'
néccio
sost. maschile
piccola focaccia di farina di castagne e acqua, cotta tra pietre, tra dischi di metallo o terracotta riscaldati, tipica della montagna pistoiese o lucchese
SC
SF
RI
farina / farin dolce
migliaccino
tondóne
schiaccia, stiaccia
spengere la farina
mangiare
I nécci li facevano a Lucca sono migliaccini di farina dolce di castagne.
I’ neccio l’èe… la farina dórce. / Sono ’ migliaccini / Le viene una specie di tondóne. / Lo conosce icché l’è i’ tondone? / Ecco fatto colla farina gialla… colla farina dorce. / Però a Montecatini la fanno, che la mettan tra due pietre. / Fra due schiacce. Due schiacce di metallo. / No. No. Lassù a Montecatini, ’spetta te lo dico io, ’petta, a Montecatini c’hanno e’ cosi di… di… / Coccio? / Di coccio… Ma non è un coccio, è una pietra, che son tondoni così, mettano le foglie di castagno sotto ci mettano – è vero? – la farina, e viene… tondoni. Ma si chiaman necci perché son fatti con questo sistema. Li mettano uno sopra all’altro e li mettano sotto la cenere. / No. / Loro li fanno colla cenere. / Allora… I’ neccio l’è nella montagna pistoiese, da quell’attra parte… in Versilia li chiaman ciacci, ciacci. Altre parti, non lo so. Però è una cosa toscana. Allora. Questi testi si chiaman testi, questi testi son di terra refrattaria che non si trovano più. C’è sol’un omìno, se un è morto, dalle parti sotto Pescia, là, che li faceva ’ncora. Chi ce l’ha se li tiene cari perché non si trovan più. Allora: le foglie di castagno vengan raccolte alla fine di settembre, prima che ingiallischino, e si fa… / Sì, perché ci voglian verdi. / …e si fanno nell’aia – io ci son cresciuta con queste cose – nell’aia s’andava a spicciolare, cioè a fare da queste frasche le foglie di castagno. / Più belle. La farina dolce poi la sciolgano nell’acqua, all’epoca, ora faranno ’n un catino, ’n una bacinella, ma prima c’avevano addirittura un affare così [allarga le braccia] di legno, una baciasca di legno, spengono nell’acqua, poi fanno i’ foco.
I necci era una… penso sia una specie di piadina, ’na roba che qui, no? Che lì era pieno di marroni, siccome vivevano in mezzo a de’ marroneti no? e quindi andavan a raccoglier i marroni, li facevan seccare… quando tornava i’ marito magari a quell’epoca in quella zona lì c’era molta gente ch’andava a fare carbone quindi stava fori una settimana e tornava alla fine della settimana e portava a casa i’ pane e quindi c’era ’sta donna, ma guarda gl’avea novant’anni io l’ho sempr’ammirata… ma eh a me mi piaceva questa donna aveva casi un senso di di di, no di rispetto, l’è dovuto, di più. E lei ci diceva ch’avea vissuto anche tanto ’n Sardegna e il pane si mangiava la domenica! (R.: gli altri giorni si mangiava…) Questi necci, sì questi necci. Che poi la farina di castagne, tu mangiavi i’ pan di legno e quindi C. c’era stata ’na grande miseria capito e la gente ognuno c’aveva la su’ nicchia dove c’era magari ’ marroni mangiava ’ marroni dove c’era mais mangiava mais che poi l’è granturco eh, mais si dice ora, granturco. Però erano mangiari estremamente poveri. // I’ neccio un è attro che un po’ di farina, un po’ di farina... è veramente un alimento povero, composto di farina dolce e acqua e messo in una padella, addirittura senz’olio per cui... è un alimento: povero! (R.: era tipico della montagna pistoiese?) Io lo conosco, io non l’ho mai mangiato perché, ma: in tempo di guerra ce ne fossi sta(h)i necci! Perché l’olio era difficile trovallo più dell’oro, per cui i necci... i necci sì, è una cosa conosciutissima, da quelli della nostr’età, i necci gl’erano, gl’erano una colazione ’n tempo di guerra la facea gola! Farina, farina dolce e acqua, un pochin di sale, ma anch’i’ sale un c’era sicché: veramente uno schifo!
Z tosc.
PF tosc.
Gradit tosc.